Monday, January 07, 2008

Israele: la Seconda Guerra d'Indipendenza

Israele: la Seconda Guerra d'Indipendenza
di Michel Gurfinkiel

Se i giovani Israeliani del 2008 si ritrovassero oggi nella situazione dei loro nonni o dei loro bisnonni alla vigilia dell’indipendenza del 1948, quale movimento di resistenza sosterrebbero?

La Haganah, l’organizzazione militare semi-ufficiale nata dall’Agenzia Ebraica, dominata dai partiti della sinistra, professanti una dottrina di moderazione strategica?
L’Irgun, figlio del sionismo di destra, che invocava una rivolta immediata contro i Britannici e la conquista di tutto Eretz Israel?
O il gruppo Stern, ultra-nazionalista, pronto a ricorrere ai metodi piu’ duri pur di assicurare la creazione di uno stato ebraico?

Questo sondaggio e’ stato fatto alla fine del 2007. I risultati sono stati eloquenti. Il 40% dei giovani intervistati ha scelto la Haganah, il 30% l’Irgun e il 30% il gruppo Stern. In altri termini, la linea dura ha vinto col 60% contro il 40%.
Altri sondaggi, vertenti su questioni similari, hanno dato gli stessi risultati. I giovani israeliani votano molto di piu’ a destra dei loro genitori, e manifestano pure un patriottismo molto piu’ spiccato. Questo e’ vero sia per i laici come per i religiosi, per gli immigrati come per gli autoctoni, per gli Ashkenaziti come per i Sefarditi, per i ragazzi come pure per le ragazze.

La Commissione Winograd, che ha analizzato il fallimento di Zahal durante la seconda guerra del Libano del 2006, ha confermato che i giovani soldati, sia che facessero parte di unita’ scelte, di contingente o delle riserve, hanno avuto una condotta irreprensibile e un “alto livello di motivazione”.

A cosa e’ dovuta questa radicalizzazione? Si e' tentati di rispondere: perche’ i giovani israeliani hanno un cervello. Il paese nel quale stanno crescendo e’ moderno, ricco, futuristico, tecnologico e felice, ma minacciato. Nel 2000, quando con un suffragio universale fu eletto primo ministro, Ariel Sharon affermo’ che “Israele si trovava di fronte a una seconda guerra d’indipendenza”. Otto anni piu’ tardi, le cose non sono cambiate. Sharon ha avuto il grosso merito di arginare parzialmente la minaccia in Cisgiordania. Per quanto riguarda Gaza, egli ha preso delle decisioni rischiose che, nelle mani dei suoi successori, si sono rivelate catastrofiche.

Con l’arrivo del 2008, nuvole nere si addensano all’orizzonte: gli Hizbullah nel Libano e Hamas a Gaza hanno dimostrato di poter colpire la popolazione civile israeliana come vogliono, e continuare a sopravvivere.

Risultato: le regioni che si trovano in prossimita’ immediata delle loro basi si spopolano. Questo non fa che incoraggiare le due organizzazioni jihadiste a colpire piu’ forte, piu’ lontano. Dopo Sderot, e’ toccato ad Askelon. Dopo la Galilea, e’ il cuore demografico d’Israele, la regione di Tel Aviv, Gush-Dan in ebraico, che potrebbe trovarsi a breve sotto il tiro dei missili qassam o katyusha tirati dalla Cisgiordania.
L’Egitto, paese arabo che si dice moderato, che ha firmato un trattato di pace con Israele dal 1978, tradisce le promesse fatte, una dopo l’altra, con un cinismo osceno. L’affaire dei 2000 pseudo-pellegrini di Gaza in Arabia Saudita, di cui l’Egitto doveva garantire la secolarizzazione e che alla fine ha lasciato rientrare senza il minimo controllo, e’ esemplare. Che questo paese abbia agito in siffatta maniera durante la visita privata e ufficiale del presidente francese sul suo territorio non sminuisce per niente, e’ ovvio, la gravita’ delle sue azioni.


Gli Arabi Israeliani, 1,3 milioni di anime, 17% della popolazione israeliana, sono pronti a passare dalla parte degli estremisti islamici e arabi. La riunione che si e’ svolta ieri a Nazareth, citta’ israeliana, e’ sintomatica. Una folla che non sventola altro che bandiere palestinesi, che tratta i ministri del suo paese come se fossero dei criminali di guerra, che proclama la sua solidarieta’ ad Hamas. Nessun paese sovrano tollererebbe una cosa simile. Di certo nessuno dei ventidue paesi membri della Lega Araba o i cinquantadue stati membri della Conferenza Islamica.

Il Medio Oriente non conosce che la forza. E’ un peccato. Ma e’ così. Se Israele si ritira da un territorio, non appare agli occhi dei suoi vicini arabi come un paese maturo e generoso, ma come un paese debole. Se non si eserciteranno pressioni sull’Egitto, quel paese continuera’ a tradirci. Se Israele non convince i suoi cittadini arabi della sua volonta’ politica, questi ultimi abbracceranno la Jihad.
I giovani israeliani, loro, lo sanno. E lotteranno. Solo essi meritano il nostro rispetto e sostegno!

(Tradotto da Bennauro col gentile permesso di Michel Gurfinkiel)
http://www.michelgurfinkiel.com/
© Michel Gurfinkiel, 2008

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