Un boicottaggio penoso e destinato a fallire
I palestinesi strumentalizzati dai regimi mediorientali
di Margherita Boniver*
di Margherita Boniver*
Divampa come un incendio a fuoco lento ma tenace la polemica sul boicottaggio della Fiera del libro di Torino, "rea" di avere come ospite d'onore Israele e alcuni fra i suoi più famosi scrittori come Grossman, Oz, Yeoshua. Un boicottaggio penoso e destinato a fallire, visto che lodevolmente la Direzione ha già detto che onorerà l'impegno preso con lo Stato ebraico che quest'anno celebra i 60 anni della sua fondazione. Tra i motivi pretestuosi e goffamente argomentati, dai quali trapela un antisemitismo tout court, spicca la solita scusa del sostegno doveroso alla causa palestinese. Siamo d'accordo, ma non c'è nulla di più nocivo che legare un atto becero e incomprensibile vista la natura appunto squisitamente intellettuale del salone del libro, come il boicottaggio e la speranza di vedere al più presto la nascita di uno Stato palestinese. È un'azione squisitamente politica, dunque, che ha visto schierarsi su fronti opposti integralisti comunisti e post diessini di prestigio come Chiamparino e Fassino, in eterna querelle tra loro su una molteplicità di argomenti. Alle tante sigle che accompagnano la defunta maggioranza, i No Tav, No Dalmolin, No Nato, si aggiunge anche un No Fiera, triste epilogo di una fase politica al tramonto. Non sono mancate prese di posizione anche sorprendenti, come quelle di intellettuali di prestigio come Vattimo e Tariq Ramadan (per il boicottaggio) o contrari come Magdi Allam e Khaled Fouad Allam, e altre ne arriveranno, anche se la sostanza non cambia. In gioco a Torino questa volta è proprio la natura stessa della nostra civiltà che si basa appunto sulla tolleranza e sul reciproco rispetto: delle idee, della religione, dei diritti dei popoli. Intendiamoci, non è la prima e di certo non sarà l'ultima volta che ci si divide sulla questione israelopalestinese, ma è del tutto intollerabile che questo avvenga su un terreno come la produzione intellettuale e per di più nella civilissima città sabauda. Una condanna ferma e corale non basta: bisogna isolare sul nascere i germi di faziosa intolleranza dispersi nell'aria da questa pericolosa e imbecille iniziativa. Pena il ripetersi di azioni dettate dalla concomitanza di un difficile processo di pace riavviato ad Annapolis e la ripresa degli attacchi terroristici su territorio israeliano. Anche i recenti avvenimenti nella striscia di Gaza non preludono ad una visione ottimista della crisi più difficile, la questione medio orientale. La miserevole condizione di tanti palestinesi merita rispetto, ma non ci stancheremo mai di ripetere che la causa principale delle loro sofferenze risiede nella intransigenza e nella visione miope di tanti regimi arabi che non hanno esitato a sfruttare la terribile condizione dei profughi per il proprio inconfessabile tornaconto. È anche per dare voce a questi oppressi che l'autorità degli intellettuali israeliani che verranno a Torino sarà tanto più utile alla causa. *Deputata di Forza Italia
(Libero)
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